08/02/15
Studio italiano conferma potere antiage della proteina Creb1. Si produce se si assumono meno calorie. Più salute per la gente e anche per il pianeta.
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UNA PICCOLA CHARTRES A TARQUINIA
Viaggio sottile nelle terre degli Etruschi













Questi pubblicati sotto sono 2 articoli dello stesso viaggio. il primo di Andrea Amato e l'altro di Renata Garuti

Ci sono delle chiese che continuano a mantenere una antica “magia”, è raro che queste sopravvivano alle numerosissime rielaborazioni, ristrutturazioni, violente sostituzioni di stili, recuperi , restauri maldestri, senza contare delle molteplici manie e megalomanie del singolo personaggio che ha inteso lasciare in ogni epoca la propria impronta non curante “di ciò che è scritto” nella pietra e nel luogo.
Per cui spesso ci imbattiamo in potenziali Opere architettoniche dall’alto potere energetico, ma trasfigurate al punto da conservarne solo un debole “ricordo” del loro originario “essere”.

Poi si “capita” a Tarquinia, insieme ad un gruppo di simpatici amici, fra cui Renata Garutti, appassionata di archeologia preistorica ed esperta in labirinti e Fabrizio Nencioni, ricercatore radiestesista, e si “subisce” il fascino di questa città, dove l’antico periodo etrusco, il medio evo e il XXI secolo convivono senza grosse lacerazioni. E sempre per caso ci si imbatte in una chiesa come quella di Santa Maria in Castello (foto 1) dove si scopre di non essere entrati in un normale luogo di culto, ma una vera e propria miniera di informazioni, simboli e messaggi che passano dall’energia della Madre Terra, alla conoscenza dei “costruttori” (foto 2) agli allineamenti astronomici e alla sovrapposizione “indolore” di culti.
Una chiesa che ha subito molte rielaborazioni architettoniche effettuate nei vari periodi storici, ma forse molto poche quelle traumatiche, al punto da farsi ancora “leggere”.

La chiesa di stile romanico è di enormi dimensioni, edificata nel 1121 (un periodo storico particolare per gli edifici di culto) sorge su un luogo dedicato alla Madonna di qualche decennio prima, a sua volta eretto su un  antico castrum romano,  insediato su sito etrusco (foto 3). Mentre sappiamo delle funzioni di fortificazione romana, si è persa traccia della destinazione d’uso etrusca. Se dovessimo basarci sull’ascolto delle energie del luogo e la decisione assunta  di costruire la più grande chiesa della zona dedicata alla Madonna proprio lì , forse arriveremo a ipotizzare senza eccessi di fantasia che gli etruschi avessero “scelto” quel posto come luogo di culto. Nel 1207 viene consacrata, e da quel momento assume un’importanza per tutta la zona. Stranamente balza all’occhio un orientamento astronomico anomalo, dico stranamente perché la torre che si erge davanti alla facciata dovrebbe per forza di cose disegnare un ombra a quest’ora, ma così non è.

La facciata è orientata ad est, ma per essere più precisi est sud est, mentre ci si aspetterebbe l’abside da questo lato. Stranamente la facciata non presenta rosone, ma un apertura in alto un po’ misera per un edificio dai circa 45 metri di lunghezza. Ma poi si entra, e il gomitolo dei messaggi che rilascia il luogo si dipana rotolando, la navata è adagiata su una leyline e al centro si disegna una croce che evidenzia una  trasversale con un rosone a sud/ovest che illumina un particolare rosone a quadrifoglio (i quattro elementi?)  a nord/est che sormonta il volto scolpito di un dio (??) barbuto (Giano?) (foto 4) la cosa non è che si aggiusta di molto, in effetti anche questo orientamento non è “ortodosso”, anche se ripeto più misurazioni perché mi ricorda un’altra anomalia: la cattedrale di Chartres. Lì è la corrente tellurica che ha deciso….anche qui direi.
Ma anche l’orientamento astronomico potrebbe entrare nel gioco vorticoso simbolico, il rosone lascia filtrare il solstizio di inverno che va ad illuminare Giano, l’antico dio italico, padre di tutti gli dei, posto a guardia dei solstizi considerate “porte”,e nel solstizio d’inverno entrano gli Uomini, niente di particolarmente strano tutto sommato trovarlo in una chiesa perché Giano e San Giovanni sono l’impronta della stessa sostanza simbolica.

Il pavimento sembra ancora in posizione originale, e disegna in successione le tre tavole sacre, le rotae, di una bellissima arte cosmatesca segnano il percorso processionale iniziatico sino all’altare (foto 5). A precederlo, nella tavola circolare, uno splendido labirinto, in un superbo intarsio di pietre di origine romana. La tavola rettangolare, rialzata come nelle migliori tradizioni nasconde una cripta di notevoli dimensioni e "forza energetica", purtroppo ancora oggetto di recupero archeologico, come il pozzo sacro posto nella navata sinistra. Alcune antiche  fonti parlano di una profondità del pozzo di 30-35 metri, una misura che mi porta subito a ricordare pozzi sacri famosi: Chartres per rimanere in tema, la "Grande Ruota" (Grotta Porcina) per evocare origini etrusche, il sito megalitico di Antequera per accomunare tutti alla Grande Madre e alla magia energetica delle acque sotteranee. Ma non è l'unica nota a suonare per l'acqua in questo luogo, i rilevamenti energetici incrociati e con sistemi di percezione diversa fatte da Fabrizio e me, portano a confermare la presenza di un altro pozzo, all'inizio della navata di sinistra, ed ad una maestosa vasca battesimale ottagonale (foto 6) posta su quello che viene definito un camino "sorgente" ad alta capacità energetica irradiante.

A controbilanciare quest'ultima forza, come prevede un luogo "fanuum" che si rispetti, un camino "assorbente", posto nella navata centrale, prima del labirinto, adibito a logica funzione funebre: pietra manalis o pietra dei morti . A complicare, o a semplificare la lettura del luogo, dipende dai punti di vista, una numero notevole di simboli, graffiti, in parte segnati in verticale su muri e colonne, in parte riportati in orizzontale nella pavimentazione, ma frutto di recupero della "cripta" sottostante, a testimonianza di antiche e precedenti forme di culto. Le altre pagine di questo libro di pietra sono rappresentate dai capitelli, nella pietra grigia locale di origine vulcanica. La "traduzione" simbolica di questi merita da sola uno studio profondo e meticoloso, a noi può solo suggerirci che il luogo che stiamo calpestando non è una semplice chiesa dedicata alla Madonna, ma una connessione profonda con la Grande Madre elaborata e ricercata in un arco di tempo vasto e con logiche energetiche che passano per gli etruschi (ma chissà se anche prima) fino ad arrivare ai costruttori di cattedrali.

Andrea Amato

 

I COSMATI A SANTA MARIA DI CASTELLO A TARQUINIA

Il termine “Cosmati” fu coniato dal Prof. Camillo Boito e si riferisce a varie botteghe di marmorari romani che operarono in Roma e nel Lazio soprattutto nei secoli XII e XIII.
A Santa Maria di Castello, a giudicare dalle iscrizioni poste vicino alle varie opere sembra che ad eseguirle siano state botteghe diverse.
La decorazione del portale maggiore sulla facciata della chiesa è stato eseguito  nel 1143 da Pietro di Ranuccio mentre quella della bifora sovrastante è stata eseguita nel 1150 da suo fratello Nicola.
All’interno il ciborio fu decorato da Giovanni e Guittone figli di Nicola di Ranuccio probabilmente nel 1166 mentre l’ambone fu realizzato nel 1209 da Giovanni, figlio di Guittone e pronipote del capostipite.
Anche per il pavimento operarono due famiglie quella di Ranuccio e quella dei veri Cosmati: Iacopo di Lorenzo e suo figlio Cosma I.
Il pavimento probabilmente fu decorato tra il 1204 e il 1231.
Come riconoscere lo stile delle varie botteghe.

Nicola Severino nel suo interessantissimo articolo sul pavimento della chiesa di Santa Maria di Castello dice che le caratteristiche dell’arte di Iacopo e della sua famiglia sono:
“I tratti principali di questo stile, che vengono rappresentati in special modo nelle rotae, nelle guilloche e nei quinconce, sono l’uso frequente del verde antico o del porfido rosso utilizzato in motivi geometrici che sembrano essere stati forgiati come un simbolo, una firma della bottega stessa. E’ logico credere che ogni artista, appartenente ad una stessa bottega marmoraria, avesse assunto delle caratteristiche di stile legate all’uso dei colori, dei disegni geometrici e del materiale impiegato. Così per la bottega di Jacopo e Cosma stiamo imparando oggi a riconoscerla in questi tratti caratteristici che si rivelano soprattutto per il frequente uso di moduli geometrici ripetitivi, singolari, quasi personali, come fossero un marchio di fabbrica.

Il disco centrale di porfido con la stella esagonale fatta di 6 losanghe oblunghe, nei colori verde antico o porfido rosso, è uno dei motivi principali della fabbrica di Jacopo e Cosma.”
E ancora:
“Tra l’altro, il motivo centrale del pavimento di S. Maria in Castello non è formato da serie di quilloche, rotae singole o quinconce, ma esso ricalca esattamente il motivo che in genere viene utilizzato per decorare portali e soprattutto i chiostri cosmateschi. Lo si vede bene dalla fascia centrale nel pavimento di S. Maria in Castello.
E’ forse questo un caso più unico che raro di pavimento cosmatesco in cui la fascia centrale  è costituita invece che da rotae, guilloche e quinconce, da un motivo che i Cosmati applicavano alle decorazioni dei chiostri, dei portali e in qualche caso degli amboni.”

Glossario:

guilloche – serie di dischi o tondi che si connettono attraverso fasce che si intrecciano
quinconce – una composizione di quattro tondi attorno a un quinto connesso agli altri attraverso bande intrecciate
        
Bibliografia:

- Nicola Severino – “Il pavimento della Chiesa di Santa Maria in Castello a Corneto – Tarquinia
www.cosmati.it , gennaio 2011
- http://cosmati.wordpress.com/tag/tarquinia-santa-maria-di-castello-pavimento
- http://matematica-old.unibocconi.it/tassellatura1/cosmati.htm

La facciata (immagine in apertura di articolo) con le decorazioni cosmatesche sul portale e sulla bifora
Foto Renata Garutti

                                              
Il pavimento della navata centrale                                     Il rosone centrale
Foto Andrea Amato                                                        Foto Andrea Amato

 guilloches (http://matematica-old.unibocconi.it/tassellatura1/cosmati.htm)

 quinconce (id.c.s.)

Lasciamo ora la parte tecnica e arriviamo alle sensazioni che la chiesa mi ha fatto provare. Al di là dell’ammirazione per la sua bellezza architettonica, non ho provato le sensazioni che ho provato in altre chiese dello stesso tipo, forse perché rimaneggiata molto nel tempo e mancante di alcune delle sue parti più antiche.
Non sono una persona che “sente” le energie di un  luogo almeno che non siano molto forti e nel caso di Santa Maria di Castello, a parte i vari simboli esoterici e non sparsi per tutta la chiesa, non mi sono sentita particolarmente toccata.
Certo la sua maestosità ti fa sentire come un tramite tra la terra e il cielo, ma più di questo non ho provato.

Renata Maria Luigia Garutti
remaluga@gmail.com
www.labirintodelleparole.blogspot.com






Foto 1

Foto 2

Foto 3

Foto 4

Foto 5

Foto 6

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