08/02/15
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"Chi ha paura di sognare
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Il Sentiero
Il Sentiero di Eva Pierrakos
Daniela Gentili






















visto da Daniela Gentili - danygentili@virgilio.it - un'operatrice che lavora a Firenze e Montecatini Terme.


Italia: www.crisalide.com


USA: www.pathwork.org


IL MALE E L'OMBRA

Il Male e L’ombra: due concetti con cui siamo tutti chiamati a misurarci. Per il Sentiero del risveglio interiore di Eva Pierrakos e la terminologia junghiana si riferiscono entrambi a parti negate di noi stessi, relegate nell’inconscio, che spesso si affacciano nella nostra vita cosciente con un’azione di disturbo o di conflitto.

Ognuno di noi, nel tentativo di essere accettato e ben inserito nel contesto sociale o nella famiglia cui appartiene, tende a nascondere gli aspetti oscuri; le parti che considera negative o che ha sentito condannare dalle persone che gli stanno vicino.


Dove nasce la zona d’ombra

Naturalmente, l’educazione gioca un ruolo fondamentale nella formazione di queste immagini (vedi Il Male e come trasformarlo di Eva Pierrakos). Siamo intimamente convinti che saremmo disprezzati e abbandonati se si manifestassero certe parti di noi e allora investiamo molta energia per trattenerle e nasconderle, persino a noi stessi.

Facciamo l’esempio di una donna alla quale è stato insegnato che abbandonarsi al piacere – specie quello sessuale – è sbagliato (è peccato, direbbero alcuni). I suoi impulsi scivoleranno pian piano nell’inconscio e lei non avvertirà più il desiderio di scambiare piacere con un partner, tranne poi trovare irritatante ed addirittura scandaloso vedere due giovani che si scambiano effusioni per strada.

Questo comportamento rappresenterà per lei una provocazione. La frase, se fosse espressa, potrebbe suonare così: “ma come? Ho fatto tanta fatica a buttar giù quel boccone amaro e ora questi due mi mettono sotto il naso il loro desiderio così apertamente e sfacciatamente?”. Con molta probabilità quella donna sentirà rabbia e fastidio per quegli atteggiamenti per lei proibiti e proietterà un’ombra sui due ragazzi che, ai suoi occhi, diventeranno sfacciati e maleducati.


Il capro espiatorio

La parte negata che riaffiora è subito espulsa perché non disturbi uno schema di idee e di concetti che non vuole essere messo in crisi.

Di qui il fenomeno del capro espiatorio, assai frequente in numerose famiglie:”Mio marito fa i comodi suoi, fa la sua vita senza curarsi di me” (in realtà, il comportamento di lui fa “ombra” alla moglie che ha difficoltà a fare la sua vita). “Questa casa è diventata una pensione per mio figlio, viene solo a mangiare e dormire (in realtà, la libertà che si prende il figlio è motivo di gelosia e invidia da parte della madre).

Nel sociale è comunissimo trovare proiezioni d’ombra tra le varie formazioni politiche, sindacali o gruppi sociali; allo stesso modo nelle aziende si usa dire:”noi proponiamo…voi invece…”. Ci si riconosce in uno schema concettualmente simile e il negativo è tutto dall’altra parte negli altri, quelli fuori.

Si tratta di un gioco pericoloso, perché con questo atteggiamento regaliamo una parte di noi, un aspetto importantissimo della nostra personalità che andrà poi necessariamente recuperato e integrato di nuovo.


Il piacere negativo

A questo proposito, il Sentiero di Eva Pierrakos fornisce un metodo chiaro ed efficace di riappropriarsi degli aspetti negativi espulsi dal Sé. Introduce infatti il concetto di “piacere negativo”, un aspetto determinante nella comprensione dell’intenzionalità negativa dei nostri comportamenti. Capita spesso di rendersi conto che quella particolare attitudine, quell’atteggiamento che siamo soliti ripetere, non vanno bene per noi e creano conflitti con le persone vicine: eppure non riusciamo a modificarli.

Ecco la necessità di essere consapevoli di quale è il piacere “negativo” connesso a quell’abitudine.

In altri termini, se non ricavassimo un vantaggio da quel comportamento sarebbe certamente facile cambiarlo.

Quando per esempio non si è in grado di godere pienamente di una relazione, di trarne amore e gioia, si finisce spesso per accontentarsi di averla vinta sull’altro, di avere a tutti i costi ragione, di sentirsi forti quando l’altro è debole e sconfitto. L’atteggiamento opposto è quello di giocare il ruolo della vittima perseguitata dagli eventi o da un partner poco amorevole. Una magra soddisfazione, certo, eppure è un comportamento molto comune, come nel caso del bambino a cui viene negato amore e tenerezza di cui ha tanto bisogno. Con il tempo sarà portato ad accontentarsi dell’approvazione altrui. Per lui, sentirsi bravo e lodato sostituirà il vero sentimento d’amore. In questo modo, si sentirà accettato e ciò gli darà piacere. Un piacere che resterà legato all’abitudine di “apparire” buono e bravo. Così, anche da adulto, spenderà molte delle sue energie nella ricerca dell’approvazione altrui, avendo ormai perduto il contatto col vero piacere di essere accolto ed amato per quello che è, non certo per gli sforzi che fa per essere accettato.


Che fare?

E’ evidente che tale consapevolezza e la rinuncia al piacere negativo sono la porta d’accesso verso il sentiero della crescita emotiva e spirituale. Come può, infatti, esserci vera apertura spirituale se ci sono tanti malintesi, tanti pregiudizi e correnti emotive distorte?

Possiamo affidare il nostro processo al Sé Superiore, o Sé Divino, che sosterrà e farà luce sul nostro cammino e, al contempo, possiamo assumerci pienamente la responsabilità delle nostre sofferenze e insoddisfazioni. Quanto è più semplice attribuire al nostro partner, o agli impegni familiari, o alle difficoltà nel lavoro, al mondo intero, persino a Dio la responsabilità, anzi la colpa della nostra incapacità di essere felici. E’ una tentazione molto forte proiettare sugli altri i nostri conflitti e, in quel preciso momento, affidiamo al vento la possibilità di soddisfare i nostri veri bisogni.

Energeticamente, proiettare un’ombra sull’altro consiste in un flusso emotivo che dalla nostra persona si dirige verso l’altro.

Recuperare e riappropriarsi dell’ombra – processo chiamato “integrazione dell’ombra” – significa riportare su di sé la corrente emotiva spostata fuori, dando significato e valore agli attributi che abbiamo potuto chiaramente identificare nell’altro e che ci hanno tanto colpito e disturbato e ai quali abbiamo dato una connotazione negativa.


Un esempio di integrazione

Ho abitato in campagna per un lungo periodo: avevo preso in affitto una villetta molto carina, con un po’ di giardino, un orto e un pollaio. Mi piaceva il contatto con la terra e con gli animali ed avevo la fortuna di avere come vicino un vecchio contadino, disposto a darmi una mano tutte le volte che ne avevo bisogno. Al piano inferiore c’era un piccolo appartamento vuoto.

“Lo scelga lei il suo coinquilino – furono le infauste parole del mio padrone di casa – così andrete sicuramente d’accordo”. E così feci.

Purtroppo avevamo in comune l’impianto di riscaldamento e qualche problema di comunicazione:

cominciò così ben presto una lunga lotta, prima sotterranea e poi manifesta, dove il mio amico-coinquilino cercava di risparmiare sul metano, io di non morire assiderata.

Un confronto, in qualche momento anche estremamente duro, tanto da diventare tra i colleghi dell’ufficio, dove entrambi lavoravamo, una vera e propria barzelletta. Più di una volta mi sono sentita chiedere da qualche collega che assisteva alle nostre dispute:”Allora, oggi, come lo vogliamo regolare il riscaldamento?”

Mi resi conto che qualcosa non tornava e decisi di parlarne apertamente con lui. Gli dissi che, dal momento che eravamo entrambi psicologi – presumibilmente competenti in materia – sapevamo che la responsabilità dei conflitti e delle discussioni è sempre al 50%.

“Vogliamo prenderci ognuno – implorai – la nostra parte?” Lui fu d’accordo, e le cose di colpo andarono per il meglio.

Vivendo nella stessa casa, ci eravamo fatti un’idea l’uno dell’altra (un’immagine, secondo il Sentiero) molto precisa, anche se errata. Io lo vedevo come un ragazzo viziato, sempre a pranzo con la mamma, accudito e coccolato; il fine settimana la sua compagna gli riordinava la casa, ecc, ecc. Io andavo fiera di fare tutto da sola, dovevo pagarmi anche il più piccolo aiuto e lui mi scocciava per quel poco che spendeva di riscaldamento!

Nello stesso tempo, lui mi percepiva come se io fossi la sua padrona di casa: più adulta, affermata professionalmente, senza problemi economici (credeva lui), insomma unasignora, e si seccava che il mio tenore di vita incidesse sul suo bilancio.


Una questione d’immagine

Quando riuscimmo finalmente a parlare apertamente tra noi, condividendo le immagini che ognuno di noi si era fatto dell’altro, fu immediatamente chiaro che ognuno di noi aveva proiettato un’ombra sull’altro e la miscela era diventata esplosiva.

Io vedevo in lui quella parte vulnerabile, bisognosa d’aiuto che avevo sempre ricacciato indietro; di contro lui vedeva in me una donna forte che rappresentava una sua parte poco vissuta; lui che invece era sempre gentile, accomodante, poco aggressivo.

Può sembrare miracoloso, eppure dopo quella chiacchierata tutti i problemi si dissolsero, con grandi vantaggi reciproci: non solo la fine delle ostilità ma anche la possibilità di entrare in contatto, e riprendere ognuno su di sé l’ombra proiettata sull’altro.

Per me quest’esperienza fu importantissima: mi resi conto di quanta fatica facessi a fare tutto da sola, di quale prezzo stavo pagando per mantenere l’immagine di donna indipendente e forte. Lentamente mi lasciai andare – il processo di integrazione dell’ombra è lungo e complesso - al contatto di quelle parti di me più vulnerabili e bisognose che mostrate avrebbero permesso agli altri di avvicinarsi ed essermi di aiuto.


Un percorso di consapevolezza

Quando ci sentiamo abbastanza forti e pronti ad affrontare le nostre correnti negative, inizia il processo di trasformazione. Il dolore si allenta, non è più oscuro e disperante e così diventa più facile aprire il cuore. La rabbia può diventare determinazione e permettere il rispetto dei propri confini(cioè non sottometterci più agli altri); la paura, una volta osservata chiaramente e con coraggio, si scioglie come neve al sole. Quello che prima ci appariva negativo e impossibile da affrontare, si trasforma in una forza vitale e pulsante che arricchisce la nostra vita di eccezionale vigore e freschezza: non di rado si riscopre la stessa gioia e l’entusiasmo di quando si era molto giovani. Quando la vita ci appariva come una splendida promessa, un’avventura tutta da scoprire e da vivere.

In breve, il percorso di integrazione dell’ombra può essere sintetizzato in 5 punti:

 

* Porre fine all’autoinganno (“la colpa non è mia”).

* Manifestare a noi stessi la chiara intenzione di affrontare responsabilmente la nostra sofferenza. Si può anche iniziare facendo una semplice lista delle cose che non vanno nella vita attuale ed individuare il piacere negativo che da esse ne traiamo.

* Affidarsi al Sé superiore chiedendo aiuto e sostegno. Questo, naturalmente, non esclude un aiuto umano, una psicoterapia (le terapie psicocorporee sono molto efficaci in questi casi), un percorso di consapevolezza o altro.

* Accettare di coinvolgere, nel processo di trasformazione, la nostra vita nella sua totalità: corpo, emozioni, idee e attitudini.

* Aprirsi al miracolo della vita in tutte le sue manifestazioni, avere fiducia nella fondamentale bontà della creazione e nella possibilità reale e concreta di poter vivere con pienezza e gioia.

 

Quelli che abbiamo appena elencato non sono ovviamente postulati categorici, né rappresentano cinque nuovi comandamenti a cui conformarsi rigidamente, sono alcuni semplici suggerimenti, utili a tutti coloro che desiderano raggiungere una maggiore consapevolezza e uno stato di benessere e serenità duraturo.

D’altra parte la proiezioni dell’ombra, oltre a creare conflitti e disagio, erode gran parte del potere personale, creando senso di insicurezza, instabilità emotiva ed ansia.




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