Prima di un terremoto le emissioni di radon da parte delle
rocce aumentano o diminuiscono a causa dei ’vuoti’ presenti al loro
interno. Lo ha scoperto uno studio italiano, che sarà
pubblicato dalla rivista Geophysical Research Letters, che è riuscito
per la prima volta a spiegare il meccanismo alla base di questo
fenomeno, e che potrà essere usato in futuro, secondo gli studiosi
l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), per cercare di
predire i terremoti. Un tema di cui si è molto discusso dopo il
terremoto in Abruzzo. La ricerca è stata portata avanti dai ricercatori
dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e dell’Università
Roma Tre, che hanno condotto in laboratorio dei test su dei campioni di
rocce che sono stati deformati in diversi modi e di cui è stata misurata
la produzione di radon. "Le rocce spesso contengono un alta percentuale
di vuoti, spesso superiore anche al 30% - spiega Sergio Vinciguerra,
uno degli autori - sottoposte a carico ’imploderanno’ chiudendo
inizialmente i vuoti disponibili, fino a che raggiunta una soglia di
densificazione critica, si assisterà alla formazione di fratture.
In termini di rilascio di gas, come il
radon, questo si traduce inizialmente in una diminuzione di emissione
(meno vuoti, meno spazi per i gas) e soltanto quando si formeranno
fratture, che rappresentano nuove vie per i gas, l’emissione di radon
aumenterà rispetto al suo valore di fondo". Secondo l’esperto è ancora
presto però per riuscire a prevedere i terremoti sulla base delle
variazioni del gas: "Stiamo estendendo l’analisi ad altre litologie con
diversi contenuti di vuoti - continua Vinciguerra - Questo ci permetterà
nei prossimi anni di sviluppare un modello e fornire un supporto
quantitativo all’interpretazione delle anomalie di questo gas prima di
eventi sismici e vulcanici". "Sentire da studiosi Ingv che il radon può
essere considerato valido precursore sismico è una conferma di quanto
abbiamo detto e osservato dal 2002 attraverso le nostre ricerche". Lo
dichiara Giampaolo Giuliani, "felicissimo" di tale conferma che avalla
il lavoro svolto dalla rete di rivelatori di raggi gamma da lui
installata sul territorio abruzzese: gli strumenti, misurando le
variazioni di concentrazione di radon nel terreno monitorato,
consentirebbero di prevedere, secondo Giuliani, un terremoto fino a 24
ore prima. Sul metodo adottato da Giuliani, tecnico di ricerca dell’Inaf
oggi in pensione, l’anno scorso, prima del sisma che ha devastato
L’Aquila il 6 aprile, si scatenarono le polemiche.
Proprio
dall’Ingv si disse che prevedere i terremoti basandosi sull’analisi del
radon era una possibilità allo studio, ma che tale strumento di
previsione non era ancora pronto. Oggi Giuliani rilancia e annuncia che,
nell’ambito di un gruppo di ricerca internazionale, sta "mettendo a
punto una strategia per arrivare al più presto a realizzare un early
warning system, un sistema che, attraverso il monitoraggio di tutti
quelli che sono ritenuti a titolo scientifico precursori sismici, si
possa dare un tempestivo allarme in grado di salvare vite umane, non
certo edifici costruiti male". I risultati di questo studio saranno
presentati nel prossimo maggio a Vienna, in occasione dell’assemblea
generale dell’EGU, European Geosciences Union. .niversità dell’Aquila,
Giuliani condusse un test analogo a quello oggi presentato dall’Ingv.
"Occorre sottolineare - osserva Giuliani - che con la roccia si può
avere un risultato diverso rispetto al tufo o all’argilla. Noi abbiamo
effettuato osservazioni su 6 territori diversi, distanti tra loro da 20 a
100 km, con diversa natura del terreno e diversa radioattività
ambientale". L’impianto di monitoraggio allestito da Giuliani consiste
in almeno 4 stazioni sismiche collocate a una distanza massima di 80 km.
l’una dall’altra e si basa sulle proprietà del radon, gas nobile con
vita media di 3,8 giorni: nel suo decadimento i 2 isotopi Piombo 214 e
Bismuto 214 emettono fotoni percepiti da uno scintillatore plastico e
visualizzabili grazie a fotomoltiplicatori, collocati in un cubo di
piombo del peso di 6 quintali, con pareti spesse 7 centimetri.
"Quello
che dal 2002 al 2003 abbiamo osservato con l’analisi dei dati prodotti
attraverso i rivelatori gamma - spiega Giuliani - ha permesso di
enunciare una legge che dice che a variazioni di pressione esercitata
sulla superficie terrestre si ha un incremento di radon". Osservando le
variazioni di radon (rispetto alla media stagionale) la previsione di
una scossa può avvenire tra le 6 e 24 ore prima dell’evento, ore che
salgono a 40 in caso di eventi di magnitudo superiore a 5. "Stiamo
lavorando a un sistema di allarme preventivo planetario - spiega
Giuliani - attraverso la distribuzione di una fitta rete di rivelatori
gamma correlati con l’osservazione da satellite, che permette di
monitorare la variazione di temperatura agli infrarossi al di sotto
della ionosfera, le variazioni di campo magnetico ed elettromagnetico
terrestre nonché le variazioni radio a bassa frequenza". Combinando
l’analisi di tutti questi dati, aggiunge Giuliani, si potrebbe prevedere
un sisma con tre giorni di anticipo. Al programma lavorano anche Sergey
Pulinets, vicedirettore del Centro di monitoraggio aerospaziale di
Mosca, Dimitar Ouzounov (Nasa/Goddard Space Flight Center e Chapman
university), Katsumi Hattori dell’Università giapponese di Chiba,
Gianfranco Totani e Giulia Fioravanti della facoltà di Ingegneria
dell’Università dell’Aquila.
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