Nell’immaginario collettivo Nasa è solo sinonimo di spazio, di viaggi sulla luna, di shuttle e razzi che partono in un mare di potenza polverosa e ammarano qualche tempo dopo cullati docilmente dal loro paracadute. Per noi di greenreport la Nasa è però oggi più che mai qualcosa di molto più importante. La Nasa significa ricerca e sviluppo di tecnologie utili per l’ambiente e che consentano di conoscere sempre di più i complessi fenomeni che ordinano il nostro universo, ma soprattutto il nostro pianeta, che visto dallo spazio mostra più chiaramente quali sono le conseguenze delle nostre azioni e quale è il futuro che ci aspetta se non correggiamo azioni sbagliate.
Salutiamo quindi con grande entusiasmo la notizia che arriva da Washington secondo cui Obama ha deciso di aumentare gli stanziamenti a favore della Nasa, ma soprattutto di distoglierli dalle favole buone per Bush e per i libri di fantascienza e di indirizzarli proprio sugli studi sui cambiamenti climatici.
La visione del presidente Bush infatti era quella di far espandere gli umani nello spazio per «incorporare le risorse del sistema solare nella sfera d´influenza dell´umanità». «Sappiamo che alla lunga le risorse della Terra finiranno – spiegavano nel 2006 dalla Nasa, quando si ipotizzavano una sorta di colonie lunari - mentre nello spazio ci sono grandi risorse disponibili: energia solare, materiali, metalli preziosi, acqua e carburanti che possono essere di estremo valore in un´economia basata sullo spazio».
Insomma dopo aver sperperato le risorse terrestri, si guardava altrove per continuare sullo stesso percorso di dissipazione, magari cercando non solo nuove materie prime, ma anche nuovi spazi per collocare tutto ciò che risultava dal metabolismo industriale “stile terrestre”.
Quella di Obama dunque, oltre ad apparire come una riconversione verso studi molto più concreti e poggiati sulla necessità di preservare le risorse del nostro pianeta anche per le generazioni successive, sembra rilanciare l’egemonia americana sulla ricerca climatica, che negli ultimi tempi era stata invece messa a dura prova. Prima dal lancio del satellite giapponese Ibuki (missione Gosat) che aveva battuto sul tempo la Nasa che da anni annunciava per l’inizio del 2009 il lancio di quello che doveva essere il primo modulo dedicato esclusivamente allo studio della CO2 dallo spazio. Poi col fallimento della stessa missione del satellite Oco, che avrebbe rappresentato non solo un fondamentale strumento per la comprensione del percorso che il carbonio compie in atmosfera successivamente al suo rilascio, ma anche un veicolo di studio della questione centrale: una migliore definizione dell’effettivo forcing riscaldante rappresentato dalla CO2, e quindi dell’importanza del gas nella fase di surriscaldamento che il pianeta sta subendo.
Infatti ancora le ricerche climatologiche non sono riuscite a definire con precisione il ruolo da attribuire alla CO2, agli altri gas serra (e in generale alle modificazioni antropiche del territorio) nel surriscaldamento. Sappiamo solo con certezza che il ruolo antropico nei mutamenti climatici degli ultimi decenni è definito dai più autorevoli studi climatici come «significativo», con buona pace di Franco Battaglia, che nel suo commento sul Giornale apprezza la rivisitazione del programma della Nasa e condivide perfino la necessità di studiare i cambiamenti climatici che quindi incredibilmente riconosce (dopo averli negati e ridicolizzati per anni nella sua rubrica!), concludendo comunque che l’unica certezza (per lui) sarebbe il fatto che l’uomo non c’entra nulla.
Con la missione Oco (non è stato ancora deciso se ci sarà una Oco2), ma in generale con nuove missioni dedicate a indagare la complessità climatica, i decisori politici avranno a disposizione un maggiore numero di dati, e previsioni climatiche molto più attendibili per il futuro: e ciò consentirà di decidere con maggiore consapevolezza misure di mitigazione e di adattamento (e la loro quantificazione economica).
da greeneport.net